Gli atti d’indagine compiuti dalla difesa hanno una valenza probatoria analoga al materiale raccolto dagli organi d’accusa. La disciplina inerente all’utilizzabilità degli atti investigativi difensivi è contenuta nell’art. 391-octies c.p.p. e nell’art. 391-decies.
Indice:
La parificazione della figura del difensore a quella del pubblico ministero, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 111 della Costituzione, si realizza mediante una disciplina che porta ad un equilibrio dei poteri tra le parti, il quale si concretizza nella equiparazione del valore probatorio degli elementi raccolti durante le relative attività investigative.
Di conseguenza, in qualsiasi momento processuale, il codice di rito riconosce agli atti d’indagine compiuti dalla difesa una valenza probatoria analoga al materiale raccolto dagli organi d’accusa: alla medesima conclusione è giunta anche la più recente giurisprudenza, ribadendo che gli elementi raccolti dal difensore sono equiparabili a quelli del pubblico ministero, in quanto ad utilizzabilità e forza probatoria.
Un riconoscimento implicito di tale equiparazione è rilevabile dalla sanzione di inutilizzabilità prevista dall’art. 391-bis comma 6 c.p.p., oltre che dall’introduzione della nuova fattispecie penale - ex art. 371-ter c.p. - relativa alle false dichiarazioni rese al difensore impegnato nello svolgimento di attività investigative.
Funzionale a raccogliere la documentazione degli atti compiuti durante le indagini, il fascicolo del difensore riveste un ruolo centrale nelle dinamiche processuali, in relazione alla successiva utilizzabilità del materiale in esso contenuto.
Formato e conservato presso il giudice per le indagini preliminari, ex art. 391-octies c.p.p., il fascicolo del difensore non può essere visionato dal pubblico ministero durante lo svolgimento delle indagini, a meno che non debba essere adottata una decisione su richiesta delle parti o che necessiti del loro intervento: al termine delle indagini, il fascicolo del difensore viene inserito in quello del pubblico ministero.
Seppur equiparabili in relazione al valore probatorio degli atti in essi contenuti, i fascicoli del difensore e del p.m. si differenziano rispetto ai criteri di formazione: nel primo vengono inseriti solo gli atti ritenuti funzionali alla strategia difensiva, mentre nel secondo devono necessariamente rientrarvi tutti gli atti d’indagine compiuti.
Qualora voglia utilizzare i risultati investigativi derivanti da un particolare atto, il difensore dovrà presentarlo al giudice e al p.m., determinandone l’uscita dall’esclusiva disponibilità del soggetto privato per entrare a far parte del materiale cognitivo del procedimento penale. L’art. 391-octies prevede che la documentazione inerente all’attività investigativa difensiva, presentata al giudice durante lo svolgimento delle indagini o dell’udienza preliminare, debba essere inserita nel fascicolo del difensore in originale, ovvero in copia qualora egli ne chieda la restituzione.
La discrezionalità riconosciuta al difensore in relazione al materiale da immettere nel procedimento, giustificata dalla diversa finalità tra le indagini difensive di parte e quelle - teoricamente - oggettive dell’organo d’accusa, incontra un limite nell’impossibilità di procedere ad una verbalizzazione infedele, al fine di tacere le circostanze sfavorevoli al proprio assistito.
Inoltre, la medesima ratio impedisce al difensore di verbalizzare o presentare solo parti specifiche di determinati atti, con l’obiettivo di omettere gli elementi sfavorevoli alla propria strategia difensiva. Sul tema si sono pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, definendo il difensore come pubblico ufficiale durante lo svolgimento dell’attività investigativa ex art. 391-bis c.p.p., qualificando di conseguenza i relativi verbali come atti pubblici. In conclusione, qualora il difensore verbalizzasse in maniera infedele o solo in parte un atto investigativo, risponderebbe dei reati di falso ideologico in atto pubblico e di favoreggiamento.
La disciplina inerente all’utilizzabilità degli atti investigativi difensivi è contenuta nell’art. 391-octies c.p.p., in relazione al loro impiego nella fase preliminare, e nell’art. 391-decies per quanto concerne l’utilizzabilità degli stessi a dibattimento.
Il difensore, oltre a poter presentare al giudice per le indagini preliminari gli elementi utili in funzione di una decisione da adottare in seguito all’intervento delle parti, ha la facoltà di esporre ogni risultanza probatoria che ritenga utile - in via preventiva - per l’adozione da parte del giudice di una decisione inaudita altera parte, come quella relativa alla disposizione di misure cautelari.
In un’ottica favorevole al dialogo tra accusa e difesa, l’art. 391-octies c.p.p. prevede che il legale possa presentare gli elementi di prova direttamente al pubblico ministero, anche al fine di influenzarne le decisioni giurisdizionali coercitive ed interlocutorie.
Il difensore ha la facoltà di presentare i risultati delle proprie indagini anche al giudice dell’udienza preliminare, prima dell’inizio della discussione, qualora non siano stati depositati in precedenza ovvero se frutto di attività suppletive svolte in seguito alla chiusura delle indagini preliminari. Se l’udienza preliminare rientra nello svolgimento di un rito speciale, quali l’applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudizio abbreviato e la sospensione del processo con messa alla prova, la documentazione relativa agli atti difensivi sarà utilizzabile in quella sede anche per il giudizio.
L’art. 391-decies c.p.p. contiene la disciplina in tema di utilizzabilità degli atti investigativi difensivi a dibattimento: in particolare, il comma 1 riguarda l’uso dibattimentale delle fonti dichiarative, mentre i commi successivi hanno ad oggetto atti ed accertamenti irripetibili compiuti dalla difesa. Le dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore possono essere utilizzate dalle parti per le contestazioni e per le letture, parallelamente a quanto è previsto in relazione agli atti delle indagini preliminari svolte dall’accusa, secondo quanto stabilito dagli artt. 500, 512 e 513 del codice di rito. In particolare, tali atti potranno essere utilizzati per contestare - in tutto o in parte - il contenuto della deposizione dei testimoni escussi a dibattimento, al fine di verificare la credibilità del teste, oltre che per la lettura di atti in caso di sopravvenuta impossibilità di ripetizione.
I verbali relativi ad accertamenti tecnici non ripetibili svolti durante le indagini confluiscono nei fascicoli del difensore e del pubblico ministero, dal momento che diversamente, non potendo avere libero accesso al fascicolo del difensore, l’organo d’accusa non potrebbe disporne prima della fase conclusiva delle indagini.
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