L’avvocato difensore può svolgere indagini e raccogliere elementi di prova in favore della persona assistita,che possono essere utilizzate nel procedimento penale. Inoltre ha la facoltà di nominare un sostituto, il quale eserciterà i medesimi diritti.
Indice:
La necessità di disciplinare dettagliatamente l’attività difensiva, assicurando la parità tra accusa e difesa alla base dei principi del giusto processo contenuti nell’art. 111 Cost., portò all’emanazione della l. 7 dicembre 2000, n. 397, volta alla tipizzazione delle investigazioni difensive, delle modalità di documentazione e del valore probatorio dei relativi atti.
Tale disciplina attribuisce al difensore un ruolo maggiormente importante e al contempo impegnativo, essendo tenuto ad individuare ed acquisire elementi di prova a favore del proprio assistito, oltre a dimostrare l’irrilevanza di quelli raccolti dall’accusa.
La disciplina delle investigazioni difensive, contenuta nel Titolo VI-bis del codice, evidenzia la volontà del legislatore di attribuire alla difesa poteri investigativi equiparabili a quelli tipici dell’organo d’accusa, ferma restando la diversa finalità delle rispettive indagini. Infatti, la minor autonomia del difensore nel compimento di atti che incidono sui diritti altrui e l’assenza di poteri coercitivi vengono bilanciate dalla maggior libertà rispetto alle modalità di svolgimento e alla documentazione degli atti.
Inoltre, l’art. 102 c.p.p. prevede la facoltà in capo al difensore di nominare un sostituto, il quale eserciterà i medesimi diritti ed assumerà gli stessi doveri del sostituito. Tuttavia, è evidente che la sostituzione non incide sulla titolarità dell’incarico difensivo: terminata l’attività per cui è stato designato, poteri, facoltà, diritti ed obblighi del sostituto vengono rimessi al difensore sostituito. Con riferimento a diritti e poteri difensivi del sostituto, equivalenti a quelli del difensore rispetto a garanzie di libertà e attività investigative, il limite principale risiede nell’impossibilità di agire in relazione a situazioni soggettive processuali vincolate ad una procura speciale conferita dall’interessato al difensore (ad esempio quella relativa alla richiesta di patteggiamento), i cui relativi atti sono da considerarsi inammissibili se compiuti dal sostituto.
A salvaguardia del libero dispiegamento dell'attività difensiva e a tutela dell'inviolabilità del diritto di difesa, le garanzie di libertà contenute nell’art. 103 c.p.p. si configurano come specifici limiti posti ai poteri investigativi degli organi inquirenti. Tali disposizioni mirano a garantire le condizioni indispensabili per il libero ed efficace svolgimento dell’attività investigativa difensiva, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 2, n.4, della legge-delega n. 81/1987.
Con riferimento ad ispezioni e perquisizioni effettuate presso gli uffici del difensore, tali attività sono consentite solo quando lo stesso titolare della difesa tecnica o le altre persone che lavorano stabilmente nel suo ufficio risultino imputate o indagate, al fine di accertare il reato loro attribuito, ovvero - a prescindere da chi sia l’imputato – per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato e ricercare cose o persone predeterminate (art. 103 comma 1 c.p.p.).
Tali garanzie vengono integrate dalla previsione che limita la possibilità di sequestrare materiale presso difensori, investigatori privati e consulenti tecnici al solo caso in cui esso costituisca corpo del reato. Inoltre, mentre per ispezioni e perquisizioni la garanzia risulta collegata specificatamente ai locali dell'ufficio, con riferimento ai sequestri è riferita direttamente alle persone, rendendo il divieto operante anche qualora il sequestro si svolga in luogo diverso dall'ufficio.
Risultano poi vietate, senza alcuna deroga, le intercettazioni in qualsiasi forma di conversazioni o comunicazioni che difensori, investigatori privati autorizzati, consulenti tecnici e ausiliari effettuano tra di loro, anche nel caso in cui l'attività difensiva riguardi un procedimento diverso da quello oggetto delle intercettazioni. Tuttavia, tale divieto non si applica indistintamente a tutte le conversazioni dei soggetti in esame, bensì unicamente a quelle che attengono alla funzione difensiva da questi esercitata. Inoltre, l’art. 103 comma 6 c.p.p. stabilisce che sono vietati il sequestro ed ogni forma di controllo della corrispondenza tra difensore ed imputato, salvo che l’Autorità giudiziaria non abbia fondato motivo di ritenere che costituisca corpo del reato.
Oltre che dalle garanzie di libertà ex art. 103 c.p.p., l’inviolabilità del diritto di difesa e la correttezza dell’attività degli organi inquirenti vengono assicurate dal diritto per il difensore di assistere a taluni atti d’indagine del p.m. e della polizia giudiziaria. Qualora gli organi inquirenti intendano procedere all’assunzione di sommarie informazioni dalla persona sottoposta alle indagini, il difensore ha diritto ad essere avvisato e facoltà di assistere all’atto: l’assenza del difensore è considerata causa di nullità assoluta dei risultati ottenuti in tal modo (art. 179 c.p.p.).
Con riferimento all’attività del pubblico ministero, quando egli intenda sottoporre l’indagato ad interrogatorio, confronto o ispezione, il difensore deve essere avvisato almeno ventiquattro ore prima del compimento di tali atti. Inoltre, anche in relazione ad accertamenti tecnici urgenti disposti dal p.m., il difensore ha diritto ad essere avvisato tempestivamente dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico, avendo così facoltà di nominare a sua volta dei consulenti tecnici.
La prima attività investigativa del difensore regolata dal Titolo VI-bis del codice consiste nella facoltà di interloquire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’indagine (art. 391-bis c.p.p.). L’acquisizione di informazioni da fonti dichiarative può avvenire secondo tre diverse modalità: il colloquio non documentato, la ricezione di una dichiarazione scritta documentata e l’assunzione di informazioni.
Prima di procedere in qualunque forma all’acquisizione di informazioni da fonti dichiarative, i soggetti legittimati dovranno obbligatoriamente avvertire le persone informate sui fatti circa lo scopo e le modalità dell’atto investigativo, chiarendo l’eventuale ruolo di persona indagata o imputata nello stesso procedimento o in procedimento connesso o collegato: inoltre, dovranno informare l’interessato della facoltà di non rispondere e del divieto di rivelare le domande ricevute e le risposte rese alla polizia giudiziaria o al p.m., oltre a specificare le responsabilità penali connesse alle false dichiarazioni (art. 391-bis comma 3).
L’acquisizione di notizie dalle persone informate sui fatti è coperta da garanzie simili a quelle previste per la medesima attività ad opera della polizia giudiziaria e del pubblico ministero: in particolare, qualora l’interessato renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi a suo carico, l’atto deve essere interrotto e quanto dichiarato non è utilizzabile contro la persona che ha reso le informazioni.
L’art. 391-quater c.p.p. prevede la facoltà per il difensore di presentare una richiesta alla pubblica amministrazione per prendere visione o estrarre copia di documenti formati o detenuti stabilmente dalla stessa. L’art. 391-quater cita solamente il difensore tra i soggetti legittimati a svolgere l’attività investigativa in esame, escludendo che la richiesta all’amministrazione possa pervenire anche dal sostituto, dall’investigatore privato e dal consulente tecnico.
Considerando che l’art. 327-bis conferisce al difensore la facoltà di avvalersi di tali soggetti nello svolgimento dell’attività investigativa, è evidente che gli stessi possono agire solamente suo stesso incarico, risultando privi di un autonomo potere di iniziativa.
L’istanza, rivolta necessariamente all’amministrazione che ha formato o detiene stabilmente il documento, deve contenere gli estremi degli atti ai quali si chiede di accedere o gli elementi idonei ad identificarli, anche se non è previsto uno specifico obbligo in capo al difensore di esplicitare le finalità della richiesta.
In caso di rifiuto, differimento o limitazione dell’accesso ai documenti da parte dell’amministrazione, il difensore ha la facoltà di sollecitare per iscritto il p.m., affinché provveda egli stesso a formulare la richiesta o disponga il sequestro dei documenti con decreto motivato.
Qualora ritenga ingiustificato il diniego dell’amministrazione, il pubblico ministero ordinerà la consegna del documento o ne disporrà il sequestro; diversamente, se non condividesse la necessità esposta dal difensore, trasmetterà la richiesta - allegandovi un suo parere - al giudice per le indagini preliminari, il quale ne valuterà la fondatezza in assenza del contraddittorio tra le parti.
Tra le attività espletabili nel corso dell’investigazione difensiva, il legislatore ha previsto anche la facoltà per il difensore, il sostituto e i loro ausiliari di accedere ai luoghi d’interesse: in particolare, gli artt. 391-sexies e 391-septies c.p.p. disciplinano tale attività rispettivamente in relazione ad un generico accesso ai luoghi e specificatamente a quelli privati e non aperti al pubblico.
Tale facoltà, originariamente riservata solo a p.m. e polizia giudiziaria, si concretizza nella possibilità di osservare direttamente lo stato dei luoghi e delle cose rilevanti ai fini dell’indagine, procedendo anche nell’esecuzione di rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi.
A differenza del caso in cui l’accesso avvenga in un luogo pubblico o aperto al pubblico, i protagonisti della difesa sono soggetti ad una procedura specifica con riferimento ai luoghi privati o non aperti al pubblico. L’art. 391-septies prevede la necessità per il difensore e i suoi ausiliari di ottenere il consenso del soggetto che ha la disponibilità della cosa o del luogo, anche in virtù del diritto all’inviolabilità del domicilio sancito nell’art. 14 della Costituzione.
In caso di mancato consenso, l’accesso dovrà essere autorizzato dal giudice con decreto motivato, all’interno del quale dovranno essere indicate le concrete modalità di accesso e i tempi d’intervento. Inoltre, l’individuo presente sul luogo al momento dell’accesso deve essere avvertito della facoltà di farsi assistere da una persona di sua fiducia, prontamente reperibile ed idonea ad assumere la qualità di testimone agli atti del procedimento.
In occasione dell’accesso ai luoghi, il difensore ha anche facoltà di eseguire rilievi irripetibili - privi dell’invasività e delle valutazioni specifiche proprie degli accertamenti tecnici - su luoghi o cose soggette a modificazioni, da svolgere tempestivamente al fine di evitare la dispersione degli elementi di prova. In tal caso, senza che vi sia un obbligo di informativa a carico della difesa, il pubblico ministero ha la facoltà di assistere ai suddetti atti, il cui verbale verrà inserito sia nel fascicolo del difensore che in quello del p.m., prima di confluire in quello del dibattimento.
Tuttavia, il difensore può far svolgere accertamenti tecnici - ripetibili e non - anche non in corrispondenza dell’accesso ai luoghi: infatti, l’art. 327-bis comma 3 c.p.p. consente al titolare della difesa di avvalersi dell’aiuto di consulenti tecnici per compiere attività investigative che richiedano specifiche conoscenze.
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