Una recente sentenza della Cassazione ha ribadito come sia lecita l’installazione di impianti audiovisivi funzionali alla tutela del patrimonio e della sicurezza aziendale e nell’ambito delle indagini difensive.
I controlli difensivi sono finalizzati ad accertare eventuali comportamenti illeciti commessi dai lavoratori e vengono realizzati per tutelare la sicurezza e il patrimonio aziendale, anche attraverso l’uso di strumenti di videosorveglianza installati sul luogo di lavoro.
In generale, tali controlli sono vietati dallo Statuto dei lavoratori, qualora la finalità sia esclusivamente quella di verificare o spiare l’attività dei dipendenti. Con la sentenza n. 38882/2018, la Corte di Cassazione ha ribadito tale divieto in capo al datore di lavoro, anche qualora gli stessi dipendenti abbiano prestato il loro espresso consenso, dal momento che ciò non può essere ritenuto una scriminante rispetto al reato configurato dall’art. 4 della Legge 300/70.
Tuttavia, è consentita l’installazione di impianti audiovisivi per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e la tutela del patrimonio aziendale: l’installazione delle telecamere deve essere comunque preceduta da un accordo formale tra il datore di lavoro e le rappresentanti sindacali dei dipendenti.
Qualora tale l’accordo non venga raggiunto, la messa in atto dei controlli difensivi deve essere necessariamente preceduta dalla richiesta di autorizzazione da parte della locale Direzione territoriale del lavoro, la quale deve prendere atto del mancato accordo con le rappresentanze sindacali dei lavoratori.
In assenza di accordo sindacale o dell’autorizzazione ad opera dell’Ispettorato del lavoro, l’installazione di apparecchiature di videosorveglianza risulta illegittima e può determinare l’applicazione di sanzioni penali in capo al datore di lavoro responsabile.
Con la sentenza n. 3255/21, la Suprema Corte di Cassazione ha fornito un’ulteriore definizione giurisprudenziale dei limiti e dei divieti applicabili ai controlli difensivi effettuati dal datore di lavoro.
Nel caso specifico, il titolare di un esercizio commerciale era stato condannato dal Tribunale di Viterbo per la violazione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, nella parte in cui prevede l’obbligo di un previo accordo con le rappresentanze sindacali o un’autorizzazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro per l’installazione di impianti audiovisivi dai quali derivi anche la possibilità di un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Sebbene i controlli difensivi non possano configurarsi come una mera sorveglianza sull’esecuzione della prestazione lavorativa dei dipendenti (Consiglio di Stato sez. VI, n.2773/2015), il datore di lavoro è comunque legittimato a mettere in atto controlli finalizzati ad accertare che i dipendenti non pongano in essere comportamenti illeciti, a tutela del patrimonio e della sicurezza aziendale.
Qualora si dovessero configurare gli estremi di condotte illecite, quali, ad esempio, furti in azienda, atti di concorrenza sleale, truffe o spionaggio industriale, il datore di lavoro può compiere un’attività occulta di monitoraggio dei dipendenti, attraverso l’uso di telecamere installate sul luogo di lavoro e dalle quali derivi anche la possibilità di un eventuale controllo sulla prestazione lavorativa per esigenze tecniche, produttive ed organizzative.
Di norma, l’installazione di impianti audiovisivi all’interno di un esercizio commerciale, avendo ad oggetto dati personali, fa sorgere in capo al datore di lavoro l’obbligo di informare i soggetti interessati anteriormente al loro accesso alle aree controllate, attraverso un accordo con le rappresentanze sindacali o a seguito di un’autorizzazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Tuttavia, con la sentenza n. 3255/21, la Cassazione ha ribadito la legittimità dei c.d. controlli difensivi occulti, in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali o dell’autorizzazione dell’Ispettorato, purché finalizzati all’accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa ed effettuati con modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti.
Per di più, quando si sfocia nell’ambito dei trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive o per fare valere o difendere un diritto in sede giudiziaria l’azienda, potrebbe rivolgersi a un avvocato che a sua volta potrebbe coinvolgere un consulente tecnico specializzato per l’installazione di telecamere, da attivare per la ricerca di prove e per un periodo di tempo limitato.
Questa possibilità è ammessa dal Codice delle investigazioni difensive visive emesso dal Garante privacy italiano nel 2007 e rinnovato a dicembre 2018 ai sensi del GDPR.
A conferma di tale orientamento, la giurisprudenza più recente ha ritenuto legittime le indagini difensive commissionate dal datore di lavoro o dal suo legale di fiducia ad Agenzie Investigative e volte all’accertamento di eventuali condotte pregiudizievoli tenute dal lavoratore - anche al di fuori del contesto aziendale - suscettibili di costituire elementi oggettivi della fattispecie di reato, oltre che giustificati motivi o giuste cause di risoluzione del rapporto di lavoro.
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