Indagini Difensive

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Indagini difensive

Le investigazioni difensive rappresentano un’importante risorsa per l’avvocato, il quale ha la facoltà di ricercare personalmente o a mezzo dei suoi ausiliari, gli elementi di prova a favore del proprio assistito.

 

Indice:

  1. Cosa sono le indagini difensive?
  2. Evoluzione normativa
  3. Colloqui, accertamenti ed acquisizione di informazioni
  4. Attività investigativa preventiva
  5. Fascicolo del difensore
  6. Utilizzabilità degli atti investigativi

1. Cosa sono le indagini difensive?

Le indagini difensive si configurano come l’insieme delle attività che il difensore dell’indagato, della parte offesa o delle altre parti private interessate dalla vicenda processuale, il sostituto, investigatori privati autorizzati e – qualora siano necessarie specifiche competenze –  consulenti tecnici possono compiere, al fine di ricercare le fonti e/o acquisire elementi di prova favorevoli al proprio assistito. 

Le investigazioni difensive rappresentano una importante risorsa per l’avvocato, il quale ha la facoltà di ricercare personalmente o a mezzo dei suoi ausiliari elementi utili ad impostare la difesa del proprio assistito. È evidente che la difesa in un processo penale risulta davvero efficace quando non si limita solo alla confutazione della tesi accusatoria, bensì quando si estende alla rappresentazione di elementi di prova a favore del soggetto indagato. Tali elementi possono essere raccolti attraverso diverse attività investigative, regolate in seguito all’introduzione del Titolo VI-bis nel libro V del codice di procedura penale grazie all’emanazione della legge 7 dicembre 2000, n. 397

 

2. Evoluzione normativa

Durante la vigenza del precedente codice di rito del 1930 di matrice inquisitoria, dove l’attività di acquisizione probatoria veniva esperita dal pubblico ministero e dal giudice istruttore, il quale aveva facoltà di condurre indagini e di interrogare i testimoni, il ruolo del difensore si sostanziava principalmente in una contestazione delle prove raccolte dalla pubblica accusa nel corso delle attività d’indagine. 

La promulgazione nel 1988 del nuovo codice di procedura penale (c.d. “codice Vassalli”), improntato ad un sistema “accusatorio” volto a garantire una sostanziale eguaglianza di poteri tra accusa e difesa, ha comportato un aumento dell’importanza del ruolo di ricerca della prova da parte del difensore e degli altri soggetti autorizzati nell’ambito dell’intero processo penale. 

La legge 7 dicembre 2000, n. 397, in vigore dal 18-1-2001, ha determinato l’inserimento nel libro V del codice del Titolo VI-bis, abrogando l’art. 38 disp. att. c.p.p. che confinava l’ambito investigativo difensivo in interventi funzionali unicamente alle richieste di prova in fase dibattimentale, senza regolare in concreto le tipologie di atti consentiti, le modalità esecutive e il valore probatorio. Al contrario, la nuova normativa introduce una disciplina organica, i cui assetti strutturali si concretizzano nella tipizzazione delle attività investigative difensive e nella definizione delle modalità di documentazione dei risultati e del loro valore probatorio.

3. Colloqui, accertamenti ed acquisizione di informazioni

Seppur dotato di minore autonomia rispetto all’organo d’accusa nel compimento di attività che incidono sui diritti altrui e necessitano per questo dell’intervento dell’autorità giudiziaria, il difensore e i suoi ausiliari risultano maggiormente liberi in relazione alle modalità di svolgimento degli atti, alla documentazione e all’utilizzabilità degli elementi raccolti. In particolare, i soggetti legittimati hanno la facoltà di:

4. Attività investigativa preventiva

Il comma 2 dell’art. 327-bis c.p.p., nel prevedere la facoltà di svolgere indagini difensive “in ogni stato e grado del procedimento” consente lo svolgimento della c.d. attività investigativa preventiva, qualora l’instaurazione del processo penale sia solo eventuale.

Si tratta di indagini che esulano dal processo, in quanto precedenti ad esso e finalizzate ad evitarne la successiva instaurazione. Sebbene tale ambito risulti principalmente di  competenza dei professionisti operanti nel campo delle investigazioni private e disciplinati nel Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, a norma dell’articolo 391-nonies c.p.p. – rubricato “attività investigativa preventiva” – anche l’avvocato, che sia stato nominato mediante un mandato con sottoscrizione autenticata e recante l’indicazione dei fatti sui quali si chiede di procedere, può effettuare attività d’indagine preventiva. In tal caso, l’avvocato o l’investigatore che lo coadiuva potranno esperire tutti gli atti propri delle indagini difensive previsti dall’art. 327-bis c.p.p., ad eccezione di quelli che richiedono l’intervento o l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, come il sopralluogo in un luogo privato al quale chi ne ha la disponibilità non concede l’accesso o l’accertamento tecnico irripetibile.

5. Fascicolo del difensore

Gli atti costituenti l’attività investigativa del difensore confluiscono in quello che l’art. 391-octies c.p.p. definisce “fascicolo del difensore, il cui contenuto può essere presentato al p.m. e al giudice delle indagini preliminari e/o dell’udienza preliminare, prima che adotti una decisione per cui è previsto l’intervento della parte privata o affinché ne tenga conto nel caso in cui si verifichi tale eventualità (es. quando il difensore paventi il rischio per il suo assistito dell’emissione di una misura cautelare). 

Nel definire il contenuto del fascicolo del difensore, l’art. 391-octies parla esplicitamente di presentare gli elementi di prova a favore del proprio assistito, dal momento che non vi è alcun obbligo di inserire eventuali documenti e/o informazioni sfavorevoli all’indagato raccolti durante lo svolgimento dell’attività investigativa.

6. Utilizzabilità degli atti investigativi

Gli atti difensivi  inseriti nel fascicolo del difensore potranno essere utilizzati, secondo quanto previsto dall’art. 391-decies, al fine di contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione dei testimoni a dibattimento: le dichiarazioni assunte dai difensori nel corso delle indagini difensive potranno dunque essere utilizzate per valutare la credibilità del teste.

In particolare, l’art. 391-decies prevede che le dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore possano essere impiegate dalle parti per le contestazioni e per le letture, in tutti in casi in cui ciò è consentito in relazione agli atti delle indagini preliminari svolte dall’accusa, secondo quanto stabilito dagli artt. 500, 512 e 513 del codice di procedura penale.

La norma comprende anche la lettura di atti formati durante le indagini difensive nell’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’attività difensiva, come è  evidente dal richiamo contenuto nell’art. 391-decies, oltre che dall’implementazione tra i soggetti indicati nell’art. 512 anche dei difensori delle parti private.

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